I Paesi del Nord bloccano il sistema europeo di sostegno ai bisognosi. E Roma ha presentato con mesi di ritardo il piano alternativo.
Il programma contro la fame è stato cancellato dalla sentenza di Lussemburgo promossa dai paesi del Nord Europa, ma, nella distrazione generale, lo scontro è proseguito. Riducendo altri piani, a parità di spesa totale, la Commissione europea ha ricavato spazio per gli aiuti alimentari nei fondi strutturali. Anche questa proposta è stata bloccata dalla coalizione dei Paesi nordici, Germania in testa, poi si è trovato un compromesso: da quest’anno fino al 2020 ci saranno 3,5 miliardi di euro per il sostegno materiale ai poveri, di cui circa 90 milioni l’anno per l’Italia, e ogni governo provvederà a usarli per comprare beni come cibo, vestiti, libri scolastici; ma i Paesi che hanno già un welfare nazionale efficiente, quelli del Nord, potranno in parte spenderli in modo diverso. È qui che gli intoppi della politica e della burocrazia in Italia hanno prodotto un passaggio a vuoto in cui, quasi certamente, quest’anno milioni di persone (4 si stima) si sono viste ridurre i pacchi alimentari o le porzioni alle mense di carità . Il vecchio sistema europeo di aiuti in natura infatti è stato chiuso con la fine del 2013, quello nuovo di aiuti finanziari è uscito in Gazzetta Ufficiale della Ue il 12 marzo 2014. Ora spettava al ministero del Lavoro presentare subito un “piano operativo” a Bruxelles sull’impiego di questi fondi, in modo da poterli ricevere al più presto. Il tempo conta. Per evitare un arresto del flusso di cibo agli indigenti, la Francia per esempio ha preparato il proprio programma già da fine 2013, lo ha subito presentato ed è partita con gli anticipi di cassa, senza interruzioni. Anche Paesi con problemi di povertà come la Polonia ha mandato i piani a Bruxelles in tempi stretti. In Italia invece si è costituito un “tavolo” a fine aprile guidato da Giuliano Poletti, il ministro del Lavoro, con sindacati, enti caritativi, Regioni, grandi città , l’associazione dei Comuni e vari altri soggetti. La disponibilità di cassa e non più di pasta, scatolame o biscotti dall’Europa aveva prodotto una novità : le amministrazioni più a corto di soldi per l’assistenza sociale, Comuni come Palermo, Genova o Napoli, per la prima volta si sono messi a competere con gli enti caritativi per ricevere e intermediare i sussidi di Bruxelles. Questa concorrenza per le risorse ha ritardato tutto e il flusso di aiuti dall’Europa, cioè gran parte del cibo per milioni di poveri in Italia, si è interrotto. L’Italia non è il solo caso in Europa, è vero, anche se pochi altri Paesi hanno una simile crescita della povertà . Il blocco dei sussidi era talmente prevedibile che il governo di Enrico Letta aveva persino creato un fondo per garantire gli approvvigionamenti di quest’anno, ma non è servito: la Legge di stabilità lo finanzia con appena 10 milioni, un decimo delle somme necessarie. Ora il piano italiano, dopo una riscrittura in estate, è definitivamente partito per Bruxelles a inizio settembre. Gli anticipi di cassa sono scattati da agosto ma servono ancora i bandi e gli appalti per prodotti come pasta o zucchero. I primi alimenti per chi ne ha urgente bisogno arriveranno non prima di fine novembre, nove mesi in ritardo.
tratto da: http://www.repubblica.it/economia/2014/09/21/news/stop_fondi_ue_per_lotta_alla_fame-96292692/