Il calo dei consumi in Italia è sintomo di “un Paese sotto sforzo”, “smarrito”, “profondamente fiaccato da una crisi persistente”. Lo rileva il Censis nel Rapporto annuale evidenziando che nel 2013 su un campione di 1.200 famiglie “il 69% ha indicato una riduzione e un peggioramento della capacità di spesa”. Per il Centro studi “il 2013 si chiude con la sensazione di una dilagante incertezza sul futuro del lavoro”, riferendo che il 14% dei lavoratori teme di perdere il posto. “Sono quasi sei milioni gli occupati che si trovano a fare i conti con situazioni di precarietà lavorativa”, ai quali si aggiungono 4,3 milioni che non trovano un’occupazione. Il crollo temuto non c’è stato, negli anni della crisi siamo sopravvissuti.
Una società “senza fermento”
Ma ora abbiamo di fronte una società più “sciapa”: senza fermento, accidiosa, furba, con disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, crescente evasione fiscale. E siamo “malcontenti”, quasi infelici, perché viviamo un grande, inatteso ampliamento delle diseguaglianze sociali. Unico “sale” sono l’imprenditoria femminile, l’iniziativa degli
stranieri e la dinamicità degli italiani all’estero. “Nel 2013 le spese delle famiglie sono tornate indietro di oltre dieci anni”. Si tratta di “un quadro preoccupante nel quale risulta ormai essenziale agire con rapidità in termini di radicale abbassamento della pressione fiscale, di incentivi ai consumi prontamente utilizzabili” e di politiche del lavoro. La crisi ha portato “una nuova sobrietà “: gli italiani evitano “sprechi ed eccessi”. Si tira la cinghia per risparmiare anche perché “i continui cambiamenti” fiscali “non consentono di effettuare previsioni di spesa”.
Italiani fra rinunce e risparmi
Se il 76% dà la caccia alle promozioni nei supermercati e aumenta il numero di persone che va al mercato, il 53% ha ridotto spostamenti con auto e scooter, il 68% ha tagliato cinema e altri svaghi, il 45% ha ridotto o rinunciato negli ultimi dodici mesi al ristorante. Cresce poi il divario fra Sud e Centronord: il Pil pro-capite nel Mezzogiorno è di 17.957 euro, il 57% di quello del Centronord e inferiore ai livelli di Grecia e Spagna. Il Censis parla del Meridione come di “un problema irrisolto”. Decresce anche il contributo del Sud alla ricchezza del Paese: “L’incidenza del Pil del
Mezzogiorno su quello nazionale è passata dal 24,3% al 23,4% nel periodo 2007-2012, frutto di una contrazione di 41 miliardi, il 36% dei 113 persi dall’Italia a causa della crisi”.