Allarme per le persone disabili e povere che vivono con residenza autonoma, ADI negata.

Un grave problema nasce dall’applicazione del nuovo ISEE. L’attuale governo ha ristretto i parametri di compilazione dell’ISEE 2024, i cambiamenti sono stati attuati per evitare abusi delle prestazioni socio-sanitarie di figli di persone abbienti. Avere la residenza autonoma non e’ più l’unico indicatore di autonomia personale e fiscale. Nell’ISEE passato veniva posto anche un limite di eta’ 26 aa che poneva la possibilità di essere fiscalmente autonomo e di avere un ISEE individuale. Ricordiamo quale sono Oggi le regole che sanciscono la reale autonomia fiscale di una persona con residenza autonoma:

ISEE 2024: qual è il nucleo dei figli maggiorenni non conviventi
Di base, la condizione che potrebbe favorire il distaccamento del figlio maggiorenne dal nucleo genitoriale è lo spostamento della sua residenza. Ma si tratta appunto di un primo step. Ci sono infatti altre due variabili che pesano: l’essere o meno a carico oppure coniugati. Fino all’anno scorso avrebbe invece pesato anche l’età – maggiore o uguale a 26 anni – cosa che dal 1° gennaio è decaduta. In pratica, andando a fare una DSU ISEE nel 2023, se il figlio non convivente, quindi con una residenza separata rispetto all’abitazione dei genitori, avesse avuto più di 26 anni (per l’esattezza bastava considerare il compimento o meno dell’età), avrebbe comunque formato un nucleo indipendente pur essendo fiscalmente a carico. Sarebbe insomma bastato aver compiuto 26 anni per non essere inclusi nella DSU dei genitori. Al contrario, i figli fino a 26 anni non ancora compiuti, fiscalmente a carico e con residenze distinte, sarebbero invece finiti nel calcolo del nucleo genitoriale.

Figli a carico: soglie reddituali

Vale allora la pena ricordare che in base alle rinnovate soglie di carico fiscale valide già da qualche anno, i figli fino a 24 anni possono essere considerati a carico entro un reddito annuo pari a 4.000 euro, mentre dai 25 in su la soglia reddituale di carico si uniforma a quella di tutti gli altri familiari, ovvero 2.840,51 euro annui.

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Da questa situazione ne nasce che una persona disabile non occupata o occupabile che percepisce un assegno di invalidità non inseribile nell’ISEE come reddito, risulterebbe a reddito zero. Per cui sarebbe attratto dal nucleo famigliare dei genitori. Uniche esclusioni se la persona e’ coniugata o ha figli per cui avrebbe nucleo con loro. L’impossibilità ad inserire l’assegno di invalidità nell’ISEE nasce da sentenze del Consiglio di stato del 2016.

La Legge del 26 maggio 2016 n. 89, emanata a seguito di alcune sentenze del Consiglio di Stato, che avevano già sollevato la problematica, ha introdotto l’art. 2 sexies, il quale specifica che dal reddito disponibile ai fini del calcolo dell’ISEE, vanno esclusi i trattamenti erogati da Amministrazioni Pubbliche in ragione di una condizione di disabilità.

«La regola prevista nell’Isee è stata inserita a suo tempo per scongiurare comportamenti opportunistici – spiega da parte sua la senatrice Pd Cecilia Guerra, economista che ha lavorato all’elaborazione dell’indicatore –. In particolare si voleva evitare che i figli di famiglie abbienti, senza reali redditi propri, formassero nuclei a sé stanti in abitazioni diverse, godendo così impropriamente di sussidi e benefici. Ma, come dimostra proprio il caso del Reddito di cittadinanza, è sempre possibile immaginare deroghe intelligenti»

La persona invalida o svantaggiata con residenza autonoma e che vive con il solo assegno di invalidità se nel 2013 poteva contare sul Reddito di Cittadinanza oggi viene attratto dalla famiglia di origine e rischia di avere precluso l’accesso all’ADI.

Il figlio maggiorenne non convivente con i genitori e a loro carico ai fini IRPEF, nel caso non sia coniugato e non abbia figli, fa parte del nucleo familiare dei genitori. Nel caso i genitori appartengano a nuclei distinti, il figlio maggiorenne, se a carico di entrambi, fa parte del nucleo familiare di uno dei genitori da lui identificato.

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La revisione dell’Isee è comunque una (grande) operazione di là da venire. Ciò che invece è più cogente è la forte limitazione dell’accesso al nuovo strumento di contrasto alla povertà, l’Adi, che ha sostituito il Rdc. Quest’ultimo ha coperto al suo picco massimo 1,4 milioni di famiglie e al minimo 722mila nuclei a dicembre 2023 dopo la prima stretta. A gennaio, invece, l’Adi ha riguardato solo 287mila famiglie, molto meno anche delle stime del Governo. In attesa di dati più completi, stabilizzati dopo l’avvio, allo stesso ministero del Lavoro stanno valutando la situazione e studiando eventuali correttivi. Uno, spiega una fonte interna al dicastero, riguarderebbe proprio la situazione delle persone con disabilità di cui abbiamo parlato all’inizio.

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