1 maggio festa del lavoro, di chi e’ occupato, dei disoccupati, dei sottoccupati e di quelli che lavorano in nero

Un quotidiano di oggi descrive cosi’ la situazione del lavoro in italia:
“Boom dei contratti brevi nel rapporto sul mercato del lavoro pubblicato dall’Istat, Inps, Inail, Anpal e Ministero del lavoro. In dieci anni triplicata l’emigrazione italiana all’estero, cresce anche la sotto-occupazione. 10,6 per cento di lavoratori stranieri in Italia, nel 2008 erano il 7,1%. L’aumento accompagnato da «una marcata segmentazione etnica del mercato del lavoro». 104 denunce in più di incidenti mortali sul lavoro nel 2018 (+10,1%) tra cui i 15 del Ponte Morandi a Genova e la morte di 16 braccianti negli incidenti a Lesina e Foggi “ Il Manifesto 1 maggio 2019

Economia liberista e crisi, una miscela che ha stravolto in pochi anni il mercato del lavoro.
Anche lo stesso Pontefice, descrive un periodo in cui l’economia ha occupato gli spazi che sono deputati all’umanità e alla cura della convivenza tra le persone. Se i modelli economici comunisti reali avevano evidenti aspetti di limitazione delle liberta’, oggi il modello liberista ci pone di fronte ad una societa’ che pur nella affermazione della piena liberta’ individuale e nella commercializzazione consumistica dei diritti civili, impone di fatto una situazione di esclusione di molti dai diritti sociali.
Imponendo una riacutizzazione dei conflitti, soprattutto nelle fasce di popolazione che vivono sul bordo della precarietà, mosse dalla paura e da atteggiamenti che inducono a trovare capi espiatori tra i loro prossimi.

“Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. […] Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. […] Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive […] “da Evangelii Gaudium

I visitatori dell’Emporio pensano che sia il regno dei disoccupati, di chi per storia, sorte o per “volontà” non riesce a trovare un lavoro.
Dai dati in nostro possesso, la maggioranza di chi vive in uno stato di povertà (al di sotto di un potere di acquisto mensile di 1412 euro per una famiglia di 4 persone di cui due minori) di fatto, svolge attivita’ lavorativa.
Questi dati sono confermati dal dato nazionale.
I dati di accesso al Nostro Emporio sono impietosi, l’80% delle famiglie che accedono hanno un lavoratore che spesso svolge un attività molto impegnativa.
Le conquiste nel mondo del lavoro vengono erose in nome di promesse di espansione economica, sconfermate dai fatti.
Gli stessi organi rappresentativi dei lavoratori e dei loro interessi, sono costituiti da minoranze di lavoratori o pensionati e faticano a rappresentare una massa crescente di lavoratori precarizzati. E sono in difficolta’ ad affrontare i temi piu’ caldi del reale mercato del lavoro. Nella ulteriore complessità di un mercato del lavoro profondamente cambiato, stretto tra innovazione tecnologica e mondializzazione.

Una grande scritta ‘Lavoro’ durante un corteo di metalmeccanici a Milano. ANSA/ CLAUDIO SCARINZI

Quindi si riapre una grande ferita sociale che fa tornare alla mente la parola “Proletariato”. Lavoratori al margine della sussistenza, una ferita rimarginata nel contesto italiano nel boom economico del dopoguerra, che oggi dopo 30 anni di credo assoluto nell’economia riacquista senso.
E’ ancora vivo il ricordo nelle Nostre campagne, della mezzadria e della doppia condanna di molte famiglie che convivevano tra povertà e duro lavoro, condannati a fuggire dai propri luoghi di origine in cerca di futuro.
Oggi e’ l’epoca dei lavoratori sottopagati, con contratti precari, ricattabili, che pur impegnati in lavori duri sia fisicamente che psicologicamente non possono garantire alla propria famiglia di essere fuori dalla soglia di povertà.
In questo esercito di non-garantiti guardati spesso con sospetto, come se il lavoro in nero fosse un privilegio, si svolgono spesso i lavori piu’ rischiosi. (edili, taglialegna, …ecc.)
In questa massa di persone in situazione di precarietà prendono corpo ulteriori sotto categorie,  prodotte da politiche sociali poco lungimiranti che non hanno raccolto le reali esigenze sociali del paese.
La categoria delle famiglie con figli e reti sociali povere; legate ad un lavoro di un unico componente e quindi in una situazione di difficoltà, impossibilitate sia ad accedere ai servizi (spesso onerosi) e nella nostra situazione locale a lavori accessibili solo attraverso il pendolarismo. Donne/famiglie condannate a scegliere tra lavoro e gravidanza. La disumana scelta tra l’accudimento dei figli e la possibilità di avere un reddito che assicuri il futuro. Futuro contro futuro.

“Si stima che in Italia la popolazione residente attesa sia pari, secondo lo scenario mediano, a 59 milioni nel 2045 e a 54,1 milioni nel 2065. La flessione rispetto al 2017 (60,6 milioni) sarebbe pari a 1,6 milioni di residenti nel 2045 e a 6,5 milioni nel 2065. Tenendo conto della variabilità associata agli eventi demografici, la stima della popolazione al 2065 oscilla da un minimo di 46,4 milioni a un massimo di 62. La probabilità che aumenti la popolazione tra il 2017 e il 2065 è pari al 9%. “ ISTAT Futuro demografico del paese

La categoria dei Migranti; spesso persone molto motivate e disponibili a lavori anche faticosi, ma che vengono, Oggi piu’ di ieri messi in condizioni di ricattabilità. Vivono situazioni inenarrabili per avere un regolare permesso di soggiorno, mille cavilli e lungaggini determinano situazioni disumane in cui la burocrazia diventa lo strumento di tortura e la scelta della clandestinita’ o della marginalita’ una scelta obbligata.
Come se ci fosse un desiderio  di accumunare lo stato di migrante ad una dimensione di illegalita’ pregiudiziale.
Persone che lavorano, pagano le tasse e vengono discriminate nell’accesso ai servizi sociali e sanitari nel momento in cui le condizioni della loro storia le pongono in situazione di bisogno.

Non ultimo chi ha pagato il prezzo piu’ duro della crisi del 2008, lavoratori o piccoli artigiani, appartenenti a settori in crisi. Questi oggi sostenuti dalle loro capacita’ professionali sono riusciti in gran parte a reagire alle difficolta’. Emigrando o ricoverdendosi, ma con la ferita di aver perso posizioni di benessere conquistate con anni di duro lavoro.

Ed in questo panorama si ritorna all’Emigrazione come unica prospettiva per le giovani generazioni.
“Oltre 250mila italiani emigrano all’estero, quasi quanti nel Dopoguerra” dal Sole 24 ore

Viva il primo maggio festa del lavoro.

Lavoro strumento per TUTTI  per costruire un futuro di pace e convivenza.